Oggigiorno i professionisti hanno a disposizione materiali per la restaurativa diretta, che se usati correttamente consentono di ottenere ottimi risultati estetici e funzionali. Tuttavia, tali materiali non sono esenti da difetti; primo fra questi, la contrazione che avviene durante la polimerizzazione e il conseguente stress che ne può derivare. Al fine di realizzare delle ricostruzioni soddisfacenti è opportuno che i professionisti applichino opportune strategie di stratificazione e di foto-polimerizzazione delle resine composite. Un mancato rispetto di queste si traduce sistematicamente in una perdita di predicibilità della sopravvivenza del restauro oppure in un immediato insuccesso clinico.
I materiali compositi convenzionali si contraggono durante la polimerizzazione con una riduzione volumetrica che varia dal 2 al 6%. Lo stress da contrazione che ne deriva può tradursi, nella clinica di tutti i giorni, in fallimenti meccanici del restauro, formazione di micro fessure a livello dell’interfaccia con conseguente sensibilità post-operatoria, carie secondarie e irritazione pulpare. Altre conseguenze negative sono rappresentate da deformazioni a carico dell’elemento dentale, crack e fratture dello smalto e movimenti cuspidali.

Numerosi sono i fattori che influenzano l’entità dello stress da contrazione. Per ciò che riguarda il fattore «materiale» i più importanti di questi sono rappresentati dalla quantità di particelle di riempitivo contenute nella matrice resinosa, dal grado di conversione della reazione di polimerizzazione. Ma ciò che più influenza la contrazione è la geometria della cavità (C-factor). Secondo il concetto di C-factor, è necessario che siano presenti molte superfici libere per consentire al composito di scorrere durante la contrazione senza generare stress all’interfaccia adesiva, in caso contrario lo stress aumenta poiché le tensioni che si creano come conseguenza della contrazione si accumulano all’interno del restauro e/o all’interfaccia adesiva. Per questo motivo le cavità di prima classe, che hanno cinque pareti legate e solo una libera, sono quelle che potenzialmente creano le condizioni per lo sviluppo di un maggiore stress.
Il clinico per minimizzare gli effetti dello stress da contrazione da polimerizzazione deve mettere in atto una serie di accorgimenti durante la lavorazione di questi materiali.
Tecniche di stratificazione del materiale:

L’applicazione di incrementi successivi di composito, al posto di un’unica apposizione, permette di ridurre lo stress da contrazione.
Tecnica di polimerizzazione:

Un altro importante fattore da considerare è il gel point che rappresenta il momento di passaggio dallo stato visco-plastico (pre-gel) a quello rigido-elastico (post-gel) della resina composita durante la reazione di polimerizzazione. Nella fase pre-gel le catene di polimero già formate sono ancora relativamente corte e il materiale può scorrere sulla superficie della cavità; mentre la viscosità del polimero che si sta creando è ancora bassa, lo stress da contrazione può essere compensato. Nel momento in cui il materiale raggiunge il gel point non è più capace di compensare la contrazione. Un rapido raggiungimento del gel point comporta valori di stress da contrazione più elevati, mentre un più lento processo di polimerizzazione attraverso una tecnica cosiddetta «soft-start» può viceversa permettere un’attenuazione dello stress.
Per entrare un po’ di più nel processo di polimerizzazione, dobbiamo comprendere quali sono i fattori che modificano la struttura del composito durante la polimerizzazione e questo lo potrete vedere nella prossima news che pubblicheremo sul nostro BLOG.